La briscolata

Quela sera si dovea esse ‘nvelenito cula su Terè

quattro bicchieri se n’era già trincato

e il quinto d’era li ad aspettà,

e un si sarebbe salvato

dal ribenne un paio, anco perché

quela sera le carte un ni passaino.

Giovà d’era quel che d’era:

bono come l’pane,

ma le carte un se le podea levà di tra le mane.

D’erino già a la sesta briscolata

E Giovà d’era di mana.

Fè “un hai visto che ai combino!”

E giù un sorso di vino.

“m’avei a dà un carico, io cana!!!”

E poi si elzò per andà a piscià,

ma, concio come d’era, un s’arreggea

e così, di colpo, stioccò ‘n terra.

N’hai voglia di chiamallo… un rispondea.

Cerconno d’elzallo, ma pesava

che gnanco ‘l padreterno,

e quando l’ebbin ritto

su la fronte gli viddino ‘no sberno!

Si dettino da fà e come Dio volse,

mentre Giovà fistiava dal dolore,

riscittino a menallo dal dottore,

che mirò la ferita e doppo gli parlò:

“qui tre o quattro punti vi ci do!”

e ‘l povero Giovà, che avea da fa

per mantenessi sveglio gli fè:

“e no mi omo, un carico d’è meglio!!!”.

 

Tratto dal libro “…siemo in tre l’acchiapperemo…”

Di Silvio Belli, Raffaelllo Castellacci, Renato Carli.

 

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